Jorge dos Santos Filho, in arte Juary, stella dell’Avellino degli anni ’80, ha rilasciato un’intervista a “La Stampa”, raccontando la sua storia e soffermandosi in particolare sulla sua esperienza in biancoverde. Come riportato da Open, l’ex attaccante ha espresso parole al miele per i lupi, definendo l’Irpinia “casa”.
Juary: “Non volevo andare ad Avellino, poi è diventata casa. E oggi so tutto del lupo”
Come già successo in altre occasioni, nel corso dell’intervista Juary ha svelato alcuni interessanti retroscena sul suo arrivo in Irpinia. Tenuto all’oscuro della trattativa e ingannato sulla destinazione del viaggio, l’attaccante brasiliano scoprì la verità solo a bordo dell’aereo: “Seppi del trasferimento all’Avellino su un aereo per Roma, dove mi avevano convinto a salire con l’inganno: dopo qualche bicchiere di vino, Nicola Gravina, manager che mi seguiva fin da ragazzino, confessò. […] ‘Dove cazzo è Avellino? Non ci vado’ protestai, ma lui sorrise: ‘Sai volare? Perché paracadute non ce n’è’”.
L’ex calciatore si è poi soffermato sul primo incontro con il presidente Sibilia e sull’evoluzione del loro rapporto: “(Lo incontrai) dopo un viaggio in auto da Fiumicino. Ero incuriosito, inquieto, dubbioso. Invece fu la svolta della mia vita, Avellino diventò casa e il presidente un secondo papà: nei momenti bui c’era sempre, negli affari bastava una stretta di mano”.
Il feeling avvertito ad Avellino non lo accompagnò all’Inter e oggi Juary ne individua il motivo in alcuni aspetti: “Faticai ad ambientarmi, non solo per il clima. Ricordo un gol al Catanzaro di cui, per la nebbia, ci accorgemmo solo io e l’arbitro. Il fatto è che ad Avellino ero un re, la squadrami ruotava attorno e la gente mi coccolava: all’Inter, circondato da campioni, uno dei tanti”.
Oggi allenatore, Juary ha infine riconosciuto di seguire ancora il calcio italiano e in particolare il lupo: “So tutto del mio Avellino. L’Italia è la mia seconda patria, mia figlia Carolina vive a Salerno”.
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