Nel complicato 2024 dell’Avellino c’è un filo rosso che alimenta i rimpianti e compromette i piani: la quantità di punti persi nei finali di gara. Dalla ripresa del campionato, i ragazzi di Pazienza hanno infatti bruciato 6 punti tra l’88′ e il 92′, gettando al vento tre potenziali vittorie contro Juve Stabia, Potenza e Monterosi. Con quei punti ad oggi i biancoverdi sarebbero primi e guarderebbero tutti dall’alto al basso. Perciò averli dilapidati rappresenta un tarlo per tutto l’ambiente – dalla società ai tifosi, passando per l’ambiente -, che si interroga sulle ragioni di un simile trend.
Il veleno è nella coda. Avellino, quanti punti persi nel finale
Nel girone di ritorno, su un totale di 9 gare, i lupi hanno dilapidato il vantaggio sul gong in 3 occasioni, cioè nel 33% dei casi. In principio lo scontro diretto con la Juve Stabia, con i biancoverdi clamorosamente riacciuffati al 92′ da una punizione di Mignanelli. L’esito amaro di un finale di gara passato ad indietreggiare, favorito dall’errore di valutazione di Ghidotti.
Uno scenario simile a quello vissuto qualche settimana fa a Potenza. Avanti 2-1, forti di una rimonta appena completata, gli irpini prestano il fianco ai rossoblù e concedono una serie infinita di calci piazzati. Da uno di questi – su un’altra indecisione di Ghidotti – nasce il pari-beffa di Saporiti, con tutto il carico di rimpianti che ne consegue.
Per il più classico del “non c’è due senza tre”, al “Bonolis” l’Avellino è ricaduto ancora una volta nello stesso errore. Dopo un primo tempo da applausi, la squadra di Pazienza ha avuto il demerito di non chiudere il match e in seguito al rosso di De Cristofaro ha concesso metri e fiducia all’avversario. Il gol di Vano è stato la naturale conseguenza di un atteggiamento sbagliato, sia da parte della squadra che dei singoli, con Cionek e Llano – entrambi entrati dalla panchina – apparsi decisamente troppo passivi nell’azione del pari.
Avellino, rapporto complicato con i minuti finali: le ragioni
Quando una situazione si ripropone con una certa costanza non può essere solo frutto del caso. Al netto degli errori individuali di cui sopra, che certamente hanno influenzato l’esito delle gare, è indubbio che l’Avellino abbia un problema strutturale con i finali di partita.
Le ragioni di una simile difficoltà possono essere molteplici e affondano certamente le loro radici nella scarsa tenuta psicologica della squadra. Di fronte all’esigenza di dover difendere a tutti i costi un risultato, i lupi soffrono la pressione e finiscono per abbassarsi, concedendo troppe occasioni agli avversari.
Una situazione determinata dallo scarso cinismo sottoporta – anche quando creano tanto, i biancoverdi non “ammazzano” la partita – e probabilmente anche dalla gestione dei cambi da parte di Pazienza, che troppo spesso hanno finito per togliere certezze alla squadra.
Più che per ragioni fisiche, dunque, sembra che il deficit della formazione biancoverde sia da rinvenire nell’attitudine. La cattiva gestione della pressione, i cali di concentrazione e l’atteggiamento tattico – con i lupi che spesso si abbassano – sono quindi la causa di un trend assolutamente negativo, che sta condizionando la stagione del lupo e che nei giudizi va considerato alla stregua di una colpa e non può essere bollato come semplice sfortuna.
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