Riassumere il momento no dell’Avellino in pochi concetti è operazione decisamente complicata. Il traumatico inizio di stagione dei biancoverdi deve infatti la sua origine a molteplici fattori, tutti importanti e di difficile semplificazione. Provando tuttavia a sintetizzarli, è chiaro come tra questi occupino un ruolo di primo piano la deficitaria condizione atletica, il precario equilibrio tattico e un’idea di gioco piatta e confusionaria. Si parla troppo poco però di un altro motivo scatenante delle difficoltà dei lupi: la crisi del gol. Questo è infatti un problema di vecchia data, già palesatosi nel finale della scorsa stagione, che sta pesando ulteriormente in un momento in cui ci sarebbe un disperato bisogno di trovare una scintilla – Pazienza docet – o un episodio al quale appoggiarsi.
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Avellino, la crisi del gol
Nella stagione appena iniziata, tra campionato e coppe, l’Avellino ha messo a segno 6 reti in altrettante gare. La media di un solo centro a partita, specie per una squadra che ha fatto fatica a tenere chiusa la propria porta, è certamente insufficiente per un organico che può vantare al suo interno attaccanti di ottimo livello.
Il rendimento carente nella fase di finalizzazione assume contorni ancora più scuri se rapportato ad un periodo più lungo. Considerando anche le ultime 3 gare dello scorso campionato e l’appendice playoff (altri 4 match), nelle ultime 13 gli uomini di Pazienza hanno realizzato soltanto 11 gol (media: 0,84 ogni 90′).
A conti fatti, dunque, nonostante lo spessore dei calciatori in rosa, in primis degli attaccanti alternatisi in biancoverde tra il finale della scorsa stagione e l’inizio della nuova, l’Avellino fa una fatica tremenda a convertire in rete le occasioni create o, peggio ancora, talvolta non riesce a crearne. Quali sono le ragioni di una simile difficoltà nella fase di finalizzazione?
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Le ragioni della crisi
Nonostante una prova scialba, anche domenica, contro il Cerignola, l’Avellino ha avuto qualche occasione per colpire e guadagnare l’inerzia del match. Le chance capitate a Redan, Russo, D’Ausilio e Armellino si sono però tramutate in un nulla di fatto. Ancor più delle difficoltà di gioco, dunque, in questo momento il limite che pesa più di ogni altro sulla classifica (e sull’umore) dei lupi è l’incapacità di fare gol. Questo dato – che si riflette in una statistica clamorosamente negativa: 0′ in vantaggio nelle 3 gare del campionato di Serie C – suscita svariati interrogativi sulle ragioni che lo accompagnano.
Un primo motivo su un calo così drastico rispetto ai primi mesi della gestione Pazienza lo si può trovare nella partenza di Sgarbi, eccellente rifinitore in grado di creare spazi per i compagni e di diversificare la proposta offensiva. Limitare la drastica riduzione della capacità realizzativa dell’Avellino alla sola partenza del nuovo attaccante del Bari, che nelle ultime 7 dello scorso anno era presente in rosa, sarebbe però ingiusto.
Tra le cause della crisi del gol, oltre ad altri fattori quali imprecisione e sfortuna (si legga Avellino-Vicenza), c’è anche il modo di giocare dei biancoverdi. La squadra di Pazienza ha infatti tra le sue principali risorse offensive il cross dalla trequarti o dal fondo, fondamentale statisticamente meno efficace degli attacchi per vie centrali, specie quando mancano autentici specialisti del gioco aereo. Questa difficoltà emerge anche nei calci piazzati, spesso decisivi per sbloccare match chiusi, dove l’Avellino raramente riesce ad incidere.
Per sbloccare la crisi del gol, dunque, e rendere più efficiente l’attacco biancoverde, occorre studiare qualche soluzione tattica alternativa. Per alzare il tasso di conversione in gol, il lupo deve cambiare stile di gioco – adottando magari l’impiego di un trequartista alle spalle di due punte? – e provare anche ad ampliare le modalità in cui arrivare al tiro. Nella gestione Pazienza, infatti, raramente si è provata la conclusione dalla distanza. Potrebbe essere questo un modo per cominciare ad affrontare il problema e rimettere pian piano a posto le cose. Un’operazione necessaria perché, al di là di tutte le valutazioni, per rialzarsi bisogna segnare. E solo superando la crisi del gol si può accantonare quella dei risultati.
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