L’evidenza esisteva da tempo, ma la sconfitta con il Sorrento ha cementificato una convinzione: c’è un Avellino in casa e ce n’è un altro in trasferta. La sostanziale differenza di rendimento degli uomini di Pazienza tra il “Partenio-Lombardi” e il resto degli stadi è espressa con grande chiarezza dai dati. Ed è proprio analizzando una serie di cifre statistiche che abbiamo provato ad indagare le ragioni di una simile altalena di risultati, individuando – oltre al movente tecnico-tattico – anche cause di ragione psicologica.
Avellino, il rendimento in casa: si crea tanto, ma non si concretizza
Soffermandosi solo sul post-Cerignola, quindi esclusivamente sulle gare successive al 25 ottobre, data che segna appunto l’ultimo successo casalingo dei lupi, quelli che emergono considerando le partite in casa e quelle in trasferta sono numeri assolutamente agli antipodi.
Nelle 6 gare disputate al “Partenio-Lombardi”, Tito e compagni hanno conquistato appena 4 punti (media 0,66), frutto di altrettanti pareggi, ai quali si sono accompagnati 2 ko nei derby con Giugliano e Sorrento. In questo arco di gare la formazione biancoverde ha realizzato 4 gol (media 0,66 a partita) e ne ha subiti 7 (media 1,16), facendo dunque estrema fatica a concretizzare.
Le difficoltà realizzative del lupo cozzano con altri due dati, quelli relativi ai tiri totali effettuati e agli expected goals, ossia i gol attesi, quindi la probabilità statistica che un determinato tiro si tramuti in gol. In queste 6 gare tra le mura amiche l’Avellino ha calciato 82 volte (media 13,66 ogni 90’) e ha prodotto una media di 2.02 gol attesi a partita. L’esiguo numero di marcature certifica dunque come la squadra di Pazienza abbia sottoperformato, segnando almeno 8 reti in meno di quelle che avrebbe dovuto teoricamente realizzare e trovando 1 gol ogni 20,5 tiri.
Stando a questi numeri, dunque, sembra che il problema della squadra biancoverde non risieda tanto nella capacità di creare occasioni da gol, quanto nella qualità con cui lo fa e nella concretizzazione. In queste 6 partite, ad esempio, i lupi non hanno mai segnato da fuori area – soluzione poco cercata, mentre in trasferta nello stesso periodo sono arrivati 3 centri – e hanno tentato di abbattere il muro avversario presentandosi nei pressi della porta, dove gli spazi sono più intasati e i margini temporali per finalizzare si accorciano. Tra errori grossolani e sfortuna, la strategia non ha pagato. Quando costretto a costruire per portare la palla negli ultimi metri – in casa la percentuale del possesso palla si assesta sul 55,1% – l’Avellino perde lucidità e freschezza atletica e non riesce a sfruttare appieno le caratteristiche dei propri calciatori, al contrario di quando avviene in trasferta.
Se per certi versi le ragioni delle difficoltà sono dunque strutturali e fisiologiche, dall’altro lato interviene anche il fattore psicologico e attitudinale. Di fronte ai propri tifosi l’Avellino si lascia prendere dall’ansia da prestazione e, quando non riesce a sbloccare il match, va incontro ad un nervosismo nocivo. A testimoniarlo ecco un altro dato, quello relativo ai falli effettuati. Al “Partenio-Lombardi”, dal 25 ottobre in poi, i lupi hanno commesso una media di 17,16 falli a gara: 2,16 in più rispetto alle partite disputate fuori. Un segnale inequivocabile di come l’assenza di risultati vada a creare ansie e isterismi sulla testa dei calciatori.
Avellino, il rendimento in trasferta: gli spazi aperti il migliore alleato dei lupi
A fare da contraltare a tutti i numeri elencati sopra, ci sono quelli relativi al rendimento in trasferta. Dal 25 ottobre in poi, l’Avellino ha disputato fuori casa 7 partite: 18 i punti totalizzati (media 2,57), 16 i gol messi a segno (media 2,28) e appena 3 le reti subite (media 0,42). Le cifre sono insomma drasticamente diverse da quelle analizzate in precedenza e sembrano quasi far riferimento a due squadre diverse.
Lontano dal “Partenio-Lombardi”, i biancoverdi non solo rendono in maniera eccellente ma ottengono anche più di quello che producono. Se in casa si sottoperforma, in pratica, in trasferta avviene l’esatto contrario. L’overperforming biancoverde risulta chiaramente dal numero di tiri effettuati – 62, media di 8,85 a partita – e dagli expected goals, dato che si assesta sull’1.28 ogni 90’. Negli altri stadi, quindi, l’Avellino ha segnato un gol ogni 3,8 tiri e soprattutto ne ha prodotti almeno 7 in più rispetto a quanti ne avrebbe dovuti produrre secondo le statistiche.
Le ragioni di un rendimento così esaltante, addirittura superiore ai dati attesi, sta anzitutto nelle caratteristiche della squadra, come si diceva. In presenza di squadre volenterose e disposte a giocarsi la partita a viso aperto, i ragazzi di Pazienza sfruttano a meraviglia gli spazi aperti e riescono a concretizzare anche con poche occasioni a disposizione. Lasciare la gestione del pallone agli avversari – in 6 casi su 7 il possesso palla è stato inferiore a quello degli avversari, tranne a Benevento (media 44,7%) – e lanciarsi in campo aperto, avendo tempo e “volume” per colpire, permette al lupo di penetrare efficacemente le difese avversarie e di valorizzare appieno il proprio potenziale tecnico-tattico.
Riflettere su questi dati è ora fondamentale per provare a trovare un maggiore equilibrio, aspetto certamente decisivo per la corsa alla Serie B. La ricerca di soluzioni deve essere pronta e immediata. Anche se, alla luce dei temi evidenziati, una mano potrebbe arrivare proprio dal calendario. Nei prossimi mesi l’Avellino affronterà al “Partenio” Casertana, Catania, Benevento, Picerno e Crotone – tutte formazioni con una certa attitudine -, che potrebbero spingere il lupo a superare le difficoltà prestazionali incontrate finora e a migliorare di conseguenza anche il proprio rendimento interno.
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