E pensare che alla quarta non dovevano nemmeno arrivarci. Lui e i suoi collaboratori. Lui ha un nome: Massimo Rastelli. I suoi collaboratori pure: Dario Rossi (il secondo), David Dei (preparatore dei portieri), Fabio Esposito (preparatore atletico). Ed invece no. Sono ancora lì e al secondo posto in classifica. Avellino è fatta così. Basta un ko (sacrosanto come quello di Cittadella) per mettere il muso. Affondare la squadra e pure l’allenatore con tutti i suoi uomini di fiducia. Ma mettere in discussione Rastelli dopo poche giornate è stata la cosa più buffa degli ultimi vent’anni. E poi quella storia di Davide contro Golia nel pre-partita di Latina. Parole strumentalizzate perché i “quotisti” lo davano già con la valigia in mano. E’ Avellino. Poi dopo il Tombolato la resurrezione. Due vittorie e due pareggi: quattro risultati utili consecutivi, +2 rispetto all’anno scorso e una fisionomia di squadra completamente opposta a quella della passata stagione. Ci sono tante differenze: la preparazione, ad esempio. Più dura quest’anno per mettere più benzina nelle gambe. Eppure i risultati sono già arrivati. Già in due occasioni, l’Avellino in zona Cesarini ha portato a casa due vittorie. Sei punti pesanti contro Pro Vercelli e Livorno. Castaldo e Comi gli autori dei gol che pesano tanto nell’economia di una classifica che sorride a tutti. Persino a Rastelli. Uno che difficilmente si lascia andare a sorrisi e che in questi tre anni nonostante una promozione e una salvezza conquistata lo scorso anno con dieci giornate di anticipo ha dovuto spesso ingoiare bocconi amari per i commenti poco generosi di chi, davanti sorrideva e dietro lo pugnala alle spalle. Il lavoro alla lunga paga sempre. Prendete David Dei ad esempio. Uno che a testa bassa ha fatto crescere Seculin (in serie A al Chievo) e Terracciano (titolare a Catania prima dello sfortunato problema alla mano). Gli sono arrivati in ritiro Bavena e Frattali. Li ha massacrati. Poi Gomis. Tranne l’errore di Latina, se l’Avellino è lassù, il merito è anche suo. Parate su parate, prestazioni su prestazioni. Non è fortuna questa se lo staff per la terza stagione consecutiva non sbaglia nulla. Non è improvvisazione. Nemmeno quella di Fabio Esposito che a tavolino, con lo staff, ha lavorato Ad una preparazione diversa, personalizzata in maniera maniacale. E non dimentichiamo Paolo Pagliuca. Ai box, si direbbe, per “infortunio”. Ma già in rampa di lancio. Pronto a prendere con Nicola Agosti in affidamento gli infortunati o i calciatori in condizione fisica non proprio eccellente. Se l’Avellino continua ad essere lì in alto è perché non c’è improvvisazione. C’è gente che ci crede. E sono prima di tutto loro. Si, quelli dello staff tecnico. Che non guardano in faccia a nessuno. E continuano a lavorare. Sodo. Con coscienza. E allora bisogna solo stare sereni. Perché se non ci andiamo noi in serie A, prima o poi, loro ci andranno. E allora meglio con la maglia biancoverde che con quella di un colore diverso.