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Calcio – Avellino, sei la regina della Serie D

Circa un anno fa l’Avellino di Walter Taccone venne esclusa dalla Serie B. Una tragedia sportiva per il popolo irpino. Un altro tracollo dopo quello del 2009. Il buio più totale. Molti pensavano che questa volta il calcio ad Avellino fosse giunto veramente al termine. Invece no. Dopo circa dieci giorni, al Comune di Avellino, Gianandrea De Cesare presentò il suo progetto per la rinascita del calcio e vinse il Bando di gara pubblicato dall’amministrazione Ciampi. Il numero uno della Scandone, con la sua riservatezza e caparbietà, donò una gioia e una speranza ai tifosi, anche perché negli ultimi anni con il basket aveva raggiunto degli ottimi risultati. Nei giorni successivi, la società prese forma, con l’inserimento di diverse persone. Il numero uno del gruppo Sidigas decise di essere affiancato dall’avvocato Claudio Mauriello, divenuto successivamente il presidente della Calcio Avellino SSD.

Il d.s. della Sidigas Avellino, Nicola Alberani, in sinergia con l’avv. Mauriello, scelse con molta cura chi doveva svolgere il ruolo di direttore sportivo all’interno di questo nuovo club. La figura che colpì fin da subito è stata quella di Carlo Musa. Dopo aver ufficializzato il contratto, il neo – direttore si mise subito al lavoro per ingaggiare un allenatore e uno staff tecnico adeguato per un campionato di vertice. Il tecnico scelto dall’ex dirigente della Lupa Roma fu Archimede Graziani. Quest’ultimo lo scorso anno salvò il Lanusei dall’Eccellenza. Il suo curriculum non era molto attendibile, infatti non allenava da diverso tempo, prima della precedente avventura in Sardegna.

Nei primi giorni di ritiro a Sturno arrivarono tanti calciatori, soprattutto under. Il calciomercato era ormai nella fase finale e giocatori di categoria da poter prendere erano pochi. Musa, dopo una settimana, riuscì ad ingaggiare un’attaccante della Casertana, Alessandro De Vena. Lo scorso anno con i falchetti in Serie C collezionò 13 goal e per la Serie D era un vero e proprio lusso. Questo fu il primo e vero colpo di mercato. Nei giorni finali del ritiro, arrivò anche una bella sorpresa. Il difensore argentino Santiago Morero decise di sposare, anche nei dilettanti, il progetto dell’Avellino. Successivamente venne dichiarato anche capitano della squadra. Dopo le prime amichevoli, il Calcio Avellino fece ritorno in Irpinia e si sistemò al Country Sport per continuare a svolgere le sedute di allenamento. Il neo presidente Mauriello si attivò velocemente per ottenere una convenzione con il Comune per l’utilizzo del Partenio – Lombardi. Il 10 settembre, l’Avellino ottenne la convenzione e si spostò a Contrada Zoccolari, nella tana del lupo. Il giorno successivo c’è stato un altro gradito ritorno: Nando Sforzini raggiunse l’accordo con i lupi e decise di indossare, dopo nove anni, di nuovo la maglia biancoverde.

Il tempo scorreva veloce e ci si avvicinava sempre di più l’inizio del campionato. La squadra, allenata da Archimede Graziani, venne inserita nel girone G di Serie D con compagini laziali e sarde. Anche la campagna abbonamenti ebbe un buon successo: in pochi giorni furono vendute circa duemila tessere. L’entusiasmo tra il popolo irpino cominciò a crescere e la voglia di ripartire era tanta. Vennero sorteggiati anche i calendari. La prima partita stagionale dei lupi fu in trasferta contro il Ladispoli. Partii bene l’avventura della squadra biancoverde nel campionato: vittoria per 1-4 con i goal di Gerbaudo, Buono, De Vena e Tompte. La rosa, nonostante fosse la prima uscita stagionale, sembrava essere competitiva. Dopo una settimana la squadra giocò la prima partita in casa e conquistò una buona vittoria contro l’Albalonga. Sconfisse anche l’Anzio in trasferta e fece tre su tre. Nella seconda gara in casa ci fu il primo stop dei lupi: 1-1 contro il Città di Anagni.

Il Calcio Avellino proseguì il suo cammino, con qualche sconfitta di troppo, e il 2 dicembre perse malamente in casa contro il Trastevere (1-4). Fu una giornata brutta per i tifosi biancoverdi. La società, dopo la batosta, pensò ad un cambio tecnico in panchina e infatti dopo poche ore venne esonerato Archimede Graziani e il suo vice allenatore. Il 4 dicembre arrivò il sostituto, Giovanni Bucaro. Il tecnico palermitano in passato già allenò la squadra biancoverde e fu chiamato a fare un’impresa sportiva: portare il club irpino in Serie C. Partì bene la squadra, con una vittoria per 6-1 contro la Lupa Roma. Nella seconda gara per Bucaro ci fu la prima sconfitta: 2-0 in trasferta contro la Torres. L’Avellino si allontanò sempre di più dal primato, conteso, in quel momento, tra Trastevere e Lanusei. I calciatori ripresero di nuovo la marcia e sconfissero il Budoni per 1-4. Altro stop in casa, il Latina passò in vantaggio e i lupi pareggiarono quasi al termine della gara con Dondoni.

I tifosi cominciarono a lamentarsi perché la rosa sembrava avere qualche defezione. L’Avellino terminò il girone di andata con un pareggio. Dopo qualche settimana di riposo, i calciatori ritornarono in campo per affrontare il Ladispoli. Il direttore sportivo Musa tornò al lavoro e iniziò ad ingaggiare diversi calciatori di esperienza: arrivarono nel calciomercato invernale Dionisi, Viscovo, Betti, Da Dalt, Di Paolantonio, Pepe, Alfageme, Capitanio, Omohonria e Rizzo. Dieci acquisti mirati e scelti in sinergia con l’allenatore. Lasciarono Avellino tanti giocatori, i meno utilizzati. Il 6 dicembre ripartì il campionato e i lupi conquistarono tre vittorie su tre. Le difficoltà non finirono qui e arrivarono altri due stop: 1-1 con il Città di Anagni e sconfitta per 3-1 con il Cassino.

La gara, quella di Cassino, segnò il punto di svolta della stagione avellinese. Al ritorno dalla trasferta, c’era una contestazione, una sorta di chiarimento tifosi-giocatori. Addirittura Mario Dell’Anno tuonava, anche per far capire alla squadra che ,se le cose non fossero cambiate repentinamente, sarebbe stato pronto anche a ritirare l’accordo per il logo a fine stagione, decretando di fatto una crepa che sarebbe stata indelebile. La squadra e lo staff fecero un patto di sangue, un patto di rispettare con orgoglio la maglia che indossavano. Una maglia che i tifosi volevano vedere sempre sudata, rispettata e amata.

Ciò non bastasse, in quei giorni c’era il caso Alfageme a tenere banco. Un caso che stava diventando travagliato, con il calciatore che desiderava giocare, ma che era impossibilitato perchè il suo trasferimento era stato bloccato dalla Lega, in quanto straniero e tesserato oltre i termini previsti (31 dicembre chiudeva il transfer per gli stranieri in Serie D). Dunque, ore febbrili, in quello che sembrava un inverno nero per i lupi, costretti ad una rincorsa play – off e a giocarsi tutto nei ripescaggi, in attesa di una nuova estate di passione, di tribolazione e di ansia.

Da qui qualcosa cambiò. Lo spogliatoio si unii e i calciatori irpini diventarono un vero e proprio branco. Però, nel frattempo, il Lanusei inserì la quinta marcia e allungò notevolmente la distanza dai lupi. Il Trastevere con qualche stop in più perse qualche punto e mantenne la seconda posizione. L’Avellino scalò al terzo posto e in quel momento raggiungere il primato era davvero difficile, visto che gli uomini di Gardini avevano ben 10 punti di vantaggio. Giovanni Bucaro non volle mollare e nelle conferenze stampa confermò che la squadra si sarebbe impegnata fino all’ultimo per recuperare lo svantaggio in classifica La stessa società, con il presidente Mauriello in primis, non voleva sentir parlare di ripescaggi nelle varie interviste concesse, la mente era rivolta solo ad un obiettivo: vincerle tutte fino alla fine. Vincerle tutte per rispettare i tifosi, riconquistarli e mettere pressione alle avversarie.

E le vittorie arrivarono. Non solo in campo. Una svolta importantissima arrivò il 4 febbraio: la fine del caso Alfageme. Quel giorno, una sentenza negativa, avrebbe probabilmente annientato la stagione dell’Avellino. In tanti aspettavano al varco Musa e la società, rea di aver acquistato un elemento importante ma investito una cifra onerosa inutilmente. Si gridava alle dimissioni del giovane ds, del segretario e  di altri membri societari. Ma quel 4 febbraio ci fu la prima e forse più importante svolta della stagione. Il Tar diede ragione all’Avellino, Alfageme poteva essere tesserato. Le nubi nere, dense di pioggia, pronte ad abbattersi sui lupi e sulla società, vennero squarciate dal sole. Mauriello, raggiante, quel giorno a Roma, nelle stesse aule dove in estate fu umiliato il popolo irpino nella sentenza su Taccone, ottenne il riscatto, esprimendo la propria emozione, gioia e soddisfazione. Tra l’altro, il 9 febbraio c’era la sfida decisiva per rientrare nei giochi promozione diretta, c’era Lanusei – Avellino.

I lupi, con determinazione, conquistarono anche la vittoria contro i sardi  e la distanza dalla vetta si ridusse di tre lunghezze, arrivando a -7. Fu un nuovo inizio. Si susseguirono alcune vittorie ma anche la sconfitta a Sassari, con il Latte Dolce. Ma da quella gara, l’Avellino non si è più fermato. La gara contro il Trastevere in trasferta, in capitale, un altro punto nevralgico della rincorsa irpina e i lupi non sbagliarono: 0-2 alla squadra romana e vetta lì ad un passo. I punti dalla capolista Lanusei divennero sempre di meno, ma anche le giornate erano sempre meno e per il Lanusei, vincerle tutte sarebbe significato Serie C. La sorte, che spesso aveva voltato le spalle agli irpini, in tutti i sensi (infortuni, vittorie al 90′ del Lanusei, gare sfortunate, pali), sembrò baciare gli uomini di Bucaro. Il Lanusei perse, nel momento cruciale, Bernardotto, l’attaccante e l’uomo decisivo dei sardi. Un’assenza per infortunio che fu letale per i verdi d’Ogliastra. Mancavano due giornate al termine del campionato. L’Avellino sconfisse anche la Torres e il Lanusei si fermò in casa con il Budoni, in una gara che poteva addirittura vedere il sorpasso, ma fu lo stesso aggancio ai sardi. Mancava una sola giornata al termine.

L’Avellino giocava in trasferta contro il Latina e il Lanusei fuori casa con la già retrocessa Lupa Roma. Vincono entrambe le squadre: i lupi passeggiano con i pontini, in una gara contrassegnata dalle tensioni della vigilia e dal clima teso, reso tale dagli ultras laziali. Tutto filò liscio, per fortuna, anzi, proprio a Latina, l’Avellino era pronta a festeggiare la Serie C. Infatti, l’imponderabile stava accadendo, il Lanusei stava pareggiando in casa della Lupa Roma e mancavano ormai pochi secondi alla fine. L’urlo di gioia e la festa irpina fu spezzato dall’ennesimo gol oltre recupero degli uomini di Gardini, che vinsero la sesta gara al 90′, regalandosi lo spareggio di Rieti.

E l’ appuntamento con la storia arriva il 12 maggio. L’Avellino, con la spinta dei tifosi, batte per la terza volta in questa stagione il Lanusei e conquista meritatamente la Serie C. Il resto è storia recente. Dopo un’estate terribile e un campionato difficile, le lacrime, lo sconforto, l’idea del ripescaggio, le umiliazioni in tanti campi di periferia, la polvere, la sofferenza, l’Avellino ce l’ha fatta. L’inferno della Serie D è solo alle spalle, un inferno durato 9 mesi. Un tunnel pieno di insidie superato non senza intoppi, ma indenni e con l’obiettivo raggiunto.

Un obiettivo al quale ha fatto il palo anche la Poule Scudetto, dove l’Avellino ha alzato al cielo di Perugia anche la coppa di Campione d’Italia dilettante, regalando nuove gioie e soddisfazioni a dei tifosi stupendi, pazienti e anche amorevoli che anche nelle difficoltà non hanno mai mancato di supportare i propri beniamini. E la soddisfazione di poter giocare l’anno prossimo con il tricolore sul petto è un qualcosa di unico, di molto caratteristico. L’Avellino è la migliore squadra della Serie D. Chi lo avrebbe mai detto solo 2 mesi fa, quando si era ancora alla rincorsa del Lanusei, quando tutte queste feste erano solo un lontano miraggio e magari le stava già preparando qualche altra squadra. Complimenti a tutti per non aver mollato, complimenti per aver onorato la maglia anche nell’appendice finale della Poule Scudetto. Come se questo momento magico, di festa, nessuno avesse voluto che finisse, volendo arrivare fino in fondo, volendo regalare tutte le soddisfazioni possibili a questa gente dopo tutte le delusioni patite.

E si ripartirà proprio dai tifosi. Pensate che differenza: andare in Serie C tramite ripescaggio, dopo una stagione di alti e bassi e con i tifosi non del tutto coinvolti rispetto ad ora, dove c’è un entusiasmo alle stelle e dove già si sogna un campionato di vertice, per tornare dove si era un anno fa, in Serie B. Un passo alla volta però, come ha sempre fatto quest’Avellino, campione d’Italia e regina della Serie D.

 


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