Avellino, l’ex Di Somma: “I babà li mangio, non li faccio. Non ho dissanguato l’Avellino “

Intervenuto in una trasmissione irpina, come si legge su tuttoavellino.itl’ex Ds dell’Avellino Salvatore Di Somma si è tolto qualche sassolino dalle scarpe in merito alla sua ultima esperienza in biancoverde: “La prima volta che sono arrivato ad Avellino come direttore sportivo fui chiamato dall’avvocato Mauriello che mi presentò a De Cesare che mi disse che tutti i direttori contattati erano scappati. Avevano solo 900mila euro di budget per fare la squadra, ma a gennaio avrebbe risolto i problemi per fare una grande squadra. Io non volevo un euro, ma purtroppo c’era da accettare il minimo federale per 1.200 euro al mese, facendo i viaggi in macchina, rimettendoci i soldi del carburante e gli alberghi. Ma questo per me non pesava, lavorare per questa maglia è sempre stato un onore per me. È stato sempre il mio sogno venire a lavorare ad Avellino come direttore sportivo. In 20 giorni feci una squadra adeguata per salvarci, anzi, con Capuano, facemmo bene ma perdemmo ai playoff con la Ternana, anzi, facemmo 0-0 ma uscimmo. Il secondo anno, prendiamo Braglia, costruiamo una squadra per fare bene, ma non per vincere il campionato. A ottobre si fece male Forte, e i medici mi dissero che doveva stare fuori 3-4 mesi. Io blocco Marcone, l’attuale portiere dell’Avellino, che era svincolato. Ci fidammo di terze persone di prendere poi Leone, che io e Braglia non conoscevamo, ma ce ne fu parlato bene. Errore grave devo ammetterlo. Partimmo per fare il 3-5-2, e iniziai a costruire una squadra per questo modulo. Braglia durante il ritiro mi disse che voleva provare il 4-2-3-1 e quindi a fine mercato presi giocatori per questo modulo. Poi la squadra non fu rivoluzionata, ma prendemmo qualche elemento come Kanoute e Di Gaudio a fine mercato. Noi non abbiamo mandato via nessuno, anzi, c’erano offerte importanti per Dossena, Carriero e Aloi, che rifiutammo perché per noi erano importanti. Siamo partiti con questi calciatori, cambiando poco, forse però abbiamo sbagliato gli innesti, tipo Plescia, dove però veniva da un ottimo campionato alla Vibonese, poi prendemmo Mignanelli, che quest’anno a Castellammare sta facendo grandi cose e lo stesso Mastalli a Lucca. Senza parlare di Silvestri a Siena, un qualcosa di straordinario. Il monte ingaggi dei calciatori? Io mi ero ripromesso di non voler più parlare di queste cose ma dal momento che mi calpestano i piedi mi devo difendere. Ho una immagine da difendere ad Avellino, non voglio andare via da Avellino con queste porcherie che si dicono su di me. Ho letto che ho fatto babà, io i babà li mangio, mi piacciono. Ma nient’altro. Ad Avellino ho avuto paura che qualcuno potesse attaccarmi, mi sento più avellinese di tanti avellinesi. Voglio tornare sereno, a passeggiare. Non ho dissanguato la famiglia D’Agostino. I numeri dei monti ingaggi? Il primo anno abbiamo speso 1.3, 1.4 milioni di monte ingaggi netti. Io voglio essere sereno, quindi dico la verità. Il costo dei cartellini? 50.000 euro per Silvestri e 20.000 per Bernardotto. Leggo che siano stati spesi 4-5 milioni, robe assurde. Il secondo anno il monte ingaggi ammontava a 1.8 milioni. Scognamiglio prende 120, 130mila euro. Fu una richiesta fatta da Braglia, Mignanelli prendeva sui 65.000, Aloi 80.000, Silvestri 60.000, Tito 40.000. Kanoute 90.000 e Di Gaudio 110.000. La scorsa stagione abbiamo speso però 2 milioni circa per i cartellini di Murano e Plescia e i relativi ingaggi totali, al lordo. Sono stato accusato di aver ceduto Parisi, di averlo svenduto. E’ stata un’operazione di 650.000 euro, più il 10% sulla futura vendita. Non c’è nessuna clausola di vendita entro due anni, che io sappia. Giovanni D’Agostino? Era sempre con me, anche con le trattative, gli ho insegnato qualcosa, l’ho fatto crescere visto che nel calcio era nuovo”.

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