Per Antonio Giosa la sfida tra Avellino e Potenza non sarà mai banale. L’ex difensore biancoverde è legato infatti ad entrambe le piazze, seppur per motivi diversi. A quella lucana innanzitutto per le sue origini, visto che è potentino di nascita, a quella irpina per il campionato vinto nella stagione 2012-2013.
In vista del Monday night, che vedrà di fronte biancoverdi e rossoblù, Giosa ha concesso un’intervista a SportAvellino, soffermandosi su diversi temi. Oltre alla gara, tra i punti toccati anche l’emergenza infortuni, l’addio di Rastelli e una panoramica sul futuro suo e dei lupi.
«Al “Partenio” sarà spettacolo. Bisognerà difendere di squadra»
Domani al “Partenio-Lombardi” andrà in scena la sfida tra Avellino e Potenza. Cosa rappresenta per lei emotivamente questa gara?
«Sono due realtà a cui sono ovviamente molto legato. Sono di Potenza, ho giocato con il Potenza e ne sono stato capitano, quindi è normale che il legame con la mia città sia particolare. Però ad Avellino ho vinto un campionato, sono stato benissimo. Ho un grandissimo ricordo della piazza, dei tifosi e di quella splendida stagione».
Che tipo di partita si aspetta?
«Sicuramente mi aspetto una partita spettacolare. Sono due formazioni molto attrezzate, con ambizioni importanti, nonostante siano partite diversamente da come ci si poteva aspettare. Si tratta di due squadre che, una volta trovata la quadra, saranno sicuramente protagoniste di questo campionato».
L’Avellino affronterà questa gara in piena emergenza, soprattutto in difesa. Come la si fronteggia?
«È un peccato: certe partite andrebbero giocate con le squadre al completo. Quando si hanno fuori così tanti difensori è ancora più importante difendere di squadra oltre che di reparto. L’Avellino dovrà essere bravo a sopperire a qualche meccanismo che verrà inevitabilmente meno con un grande aiuto da parte di tutta la squadra. Anche perché affronterà un attacco, quello del Potenza, che per la categoria è tra i più importanti».
Per quanto riguarda le individualità, tra le opzioni c’è anche l’arretramento di uno tra Casarini e Armellino. Possono adattarsi?
«Chiaramente qualcuno dovrà essere adattato. Nel caso specifico parliamo di due calciatori esperti, importantissimi per la categoria. Se dovessero giocare in difesa, di sicuro saprebbero “arrangiarsi”. Rimangono però giocatori adattati, certi meccanismi non si interiorizzano dall’oggi al domani, quindi l’Avellino dovrà fare una grande gara difensiva con il contributo di tutta la squadra, attaccanti compresi».
«Marconi è il più forte. Mi hanno sorpreso le difficoltà di Rastelli»
A proposito di attaccanti, le piace la coppia Gori-Sgarbi? Cosa ne pensa in generale del reparto offensivo biancoverde?
«Sono due giocatori che sulla carta non partivano come i principali protagonisti. L’Avellino d’altronde ha degli attaccanti fortissimi. Patierno si è già messo in mostra, il più forte di tutti è Marconi: con lui ho condiviso diverse esperienze e posso dire che, se sta bene al 100%, è un giocatore che sposta gli equilibri in Lega Pro. Per Gori e Sgarbi non sarà semplicissimo sostituire due totem della categoria, ma sono due ragazzi con qualità importanti. L’Avellino ha fatto un mercato molto importante e sono convinto che, al di là di chi giochi, la qualità rimanga molto alta».
Che idea si è fatto del repentino cambio in panchina, con l’addio del suo ex mentore Rastelli?
«Vista da fuori, la permanenza di Rastelli sembrava una situazione forzata. Purtroppo la partenza non ha tenuto fede alle aspettative e a pagare è stato l’allenatore. Personalmente mi dispiace. Con Rastelli ho vinto un campionato ad Avellino e posso solo parlarne bene. Mi è sembrato molto strano il percorso difficile che ha avuto l’anno scorso e l’esonero di quest’anno. Per come l’ho vissuto io, era un allenatore veramente importante con uno staff di primo livello».
Crede che Pazienza possa essere l’uomo giusto?
«È in tecnico giovane, ma ha già vissuto esperienze in piazze importanti. Non lo conosco personalmente, ma può certamente essere la persona giusta. Su quella panchina non ci si arriva per caso».
L’Avellino può dunque tentare la rimonta verso la B?
«Deve farlo. Ha un organico che hanno davvero in poche, in tutti i reparti. C’è il tempo per rimontare e soprattutto – rispetto alle altre – l’Avellino ha un pubblico che, se incanalato nella giusta direzione, davvero può fare la differenza. L’obiettivo deve pertanto essere quello di ricreare entusiasmo, poi il “Partenio” saprà essere un fattore».
«L’entusiasmo può essere un valore aggiunto. Il mio futuro? Studio da allenatore»
È questo il segreto principale per vincere ad Avellino?
«Vincere non è facile da nessuna parte, ad Avellino ancora di più. Quando si indossa quella maglia si avverte il peso della storia, bisogna essere bravi a reggere la pressione e quindi non è una piazza per tutti. In casa però c’è un’atmosfera che poche altre volte ho trovato in carriera. Rendere di nuovo il “Partenio” un fortino può essere il valore aggiunto e permettere all’Avellino di centrare il salto di categoria».
Intanto lei continua a giocare. Da qualche mese difende i colori del Cpr Ospitaletto, in Eccellenza lombarda. Come sta andando?
«Da un paio di anni ho scelto di rientrare a Brescia, dove vivo con la mia famiglia. Ho avuto la fortuna di vincere l’Eccellenza con il Lumezzane e il Cast Brescia, dove abbiamo vinto anche la Coppa Italia battendo il San Marzano in finale. Da “vecchietto” continuo ad inseguire la mia passione e nel frattempo studio. Ho preso il patentino Uefa B per intraprendere eventualmente il percorso da allenatore».