Sandro Abate, Alex al ritorno: “La storia non era chiusa. Obiettivo: fare meglio”

Le parole del pivot, al ritorno in casacca biancoverde, nel giorno della presentazione

Ritorno alla Sandro Abate per Alejandro Yepes Balsalobre, conosciuto come Alex. Il pivot, nella conferenza stampa di presentazione, ha parlato dell’addio burrascoso di due stagioni fa e degli obiettivi di stagione. Il calcettista ex Barcellona, però, non potrà giocare ancora a causa del regolamento della federazione che non consente di scendere in campo (per 30 giorni) ai giocatori che arrivano da un campionato professionistico.

Il ritorno alla Sandro Abate, Alex: “Adesso c’è un aiuto in più, con Abate abbiamo fatto pace”

Così il pivot sul ritorno e il rapporto con capitan Abate: “La storia non era chiusa. Andare a Barcellona, per me, è stata una scelta professionale. Non è stato facile, considerando il rapporto con Massimo (Abate, ndr) e la società, ma un professionista ha bisogno di prendere scelte di questo tipo. Ora, tornare è stata la scelta migliore. Con Massimo, il rapporto non è cambiato. Il mio addio ha fatto male, ma adesso è tutto risanato. Abbiamo fatto pace, come si dice qua (ride, ndr).”.

Il ritorno alla Sandro Abate, Alex è chiaro: “Sarei tornato in Italia solo per la Sandro Abate, ho avuto molte richieste: in Giappone, in Spagna. La verità è che sportivamente non mi è mai mancata una squadra. Ma volevo tornare qui. So dove arrivo, so la lega che c’è. Vengo qui per vincere, per andare alle Final Eight. Adesso c’è un aiuto in più. Vediamo cosa succede, ma vengo qui per aiutare a fare meglio“.

Sull’età del gruppo e le condizioni fisiche (Alex è tornato ad Aprile da un infortunio al crociato): “La società ha fatto una buona scelta puntando sui giovani. I ragazzi devono imparare e lo devono fare giocando. Il mio arrivo può aiutare anche loro. Fisicamente sto molto bene, a Barcellona mi hanno aiutato molto a recuperare.”.

Gli obiettivi personali e di squadra, le responsabilità non pesano: “L’obiettivo è, sicuramente, segnare il più possibile per aiutare la squadra. Ma l’obiettivo principale è di gruppo: raggiungere il miglior posizionamento. Io non mi sento un leader, sarà il campo a decretarlo. Non sento le responsabilità. La mia carriera, il mio passato, parla per me. Non mi pesano le responsabilità”.


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